SALVATORE TRAGEDIA DEL MARE
Il mare è un letto di morte
per chi naviga verso la speranza.
Le coste mietono vittime in vista
dell’ingresso clandestino, annegati salvagenti
per altri aggrappati alla speranza
al secco nelle risacche delle patrie coste. (Mälström di Arnold de Vos)
liberamente tratto da Battaglia Navale di Reinhard Göering, L’ultimo viaggio di Sindbad di Erri De Luca, America di Franz Kafka, Ellis Island di Georges Perec
con i ragazzi dell’IPIA Caselli di Napoli | traduzione collettiva nell’ambito del laboratorio | laboratorio teatrale condotto da Stefania Piccolo e Agostino Riitano | scenografia, costumi e luci a cura dei ragazzi dell’IPIA Caselli diretti da Juan Pablo Etcheverry, Daniela Salernitano, Roberto Crea, Paco Summonte
si ringrazia l’attore Pietro Juliano
“Salvatore, una tragedia del mare” è il risultato di due corsi di formazione “Spazio altro: l’arte dell’attore” e “Spazio altro: il teatro…le illusioni”/ POR Campania 2000/2006 Misura 3.6.
Nel filo conduttore della clandestinità il motivo centrale è il viaggio.
Del viaggio si è nutrita la civiltà mediterranea; del viaggio abbiamo fatto la metafora poetica dell’esistenza. Il Viaggio si è oggi radicalmente e con lampante evidenza allontanato dall’Occidente, per restare opzione obbligata degli abitatori dei luoghi dell’Altrove, coloro che si dicono nomadi, stranieri, randagi, ospiti nelle tragedie degli scafi, dei corpi ripescati, degli sbarchi di fortuna, e della vita “in nero”.
Lo scenario tragico dei flussi umani clandestini verso l’Europa ha l’obiettivo di conquistare nel “ricco” Occidente il diritto alla sopravvivenza. Il mare dei grandi miti, il Mediterraneo, è oggi la grande vasca della casa della civiltà dove affondano relitti, insieme a donne, uomini e bambini. Un mare incapace di consolare gli affanni, un luogo all’apparenza senza confini, sulle cui acque nere galleggiano come cadaveri decomposti i rimorsi, i crimini e i dolori; questo orrore ripone nel teatro i nostri interrogativi.
Capire il teatro, comprendere a cosa serva e a chi; renderlo permeabile, e conquistarne il lavoro profondo; scommettere ancora una volta sulla sua utilità, nella sua raramente riconosciuta necessità. Lavorare per renderlo sempre più luogo di idee, di nascita e di scambio di idee, spazio “sociale” di emozioni, di riflessioni personali e collettive; teatro come baluardo nei confronti di una barbarie che incombe e ci circonda, e che si teme possa prevalere, e al tempo stesso esercizio di libertà in movimento, di frontiere e di spazi da attraversare, luogo per un incontro ancora possibile.
Salvatore è un Teatro come ambito aperto, che obbliga chi lo vive ad immaginarsi una dimensione in continua osmosi o in balia con quanto accade fuori da sé: proprio come capita agli emigranti trasformati in immigrati.
Lo spettacolo ha avuto tre repliche, al Teatro Stabile Galleria Toledo di Napoli, al Teatro Ariston di Mondragone (Caserta) e al Teatro Garibaldi di Santa Maria Capua Vetere (Caserta).