DALLO SPAZIO VUOTO DI PETER BROOK A NUOVE PRO_CRE -AZIONI ECOLOGICHE

Nel suo libro del 1968, “Lo spazio vuoto” il compianto maestro Peter Brook contrappone l’essenzialità dell’attore che cammina su un palcoscenico spoglio con gli orpelli che spesso popolano lo spazio teatrale e che spesso contrastano la semplicità del rapporto tra i perfomers e gli spettatori.

È sulla natura ‘semplice’ delle relazioni nello spazio in quanto attinenti alla formazione che intendiamo focalizzare le nostre pro_cre-azioni performative. E’  sul teatro di comunità che accoglie, costruisce, condivide, emancipa, denuncia, crea legami che vogliamo incentrare il nostro lavoro e questa è sempre stata la nostra esperienza e ricerca.

In effetti, lo spazio scenico non è un’entità assoluta, ma piuttosto una funzione alla composizione teatrale e poetica.

La consapevolezza e la padronanza dello spazio scenico da parte del performer è un insieme di competenze psicofisiche acquisite principalmente attraverso l’apprendistato pratico, la form-AZIONE, la pedagogia ed il training di teatro fisico e vocale. Difatti, il “metodOEfesti” incentra l’attenzione su un’efficace presenza scenica e ha un impatto sulla qualità della voce, dei gesti, della postura e sulla gestione dei corpi collettivi in Azione.

Nuove ecologie creative (così si stanno denominando sulla scena della ricerca contemporanea), che includano le aree marine come spazi per attività sostenibili all’interno di contesti naturali, sono necessarie per supportare la produzione artistica, la cooperazione e il pensiero innovativo culturale: mentre i cambiamenti ambientali ridisegnano il mondo e rivelano un ordine planetario non antropocentrico, i pedagogisti di teatro, i registi, i produttori, gli esperti di ‘performance umane e in spazi naturali’ sono chiamati a dare un senso al perché andare in scena e per chi?

Questo assomiglia al ritorno alle forze della tragedia greca ed evoca gli esperti a considerare gli spazi come sacri, politici, scientifici, “spazi di cura e di legami” e che si dispiegano all’interno di una mondo sempre più cementificato e plastificato, artificiale, pieno di orpelli e artifici.

Ancora una volta i teatranti sono chiamati a riflettere e a misurarsi con queste forze della natura, che ci sta richiamando all’ordine. Ancora una volta Officinae Efesti si esprime attraverso il teatro del “fare finta veramente”, ovvero sia un teatro che ci insegna la verità, dove tutto è finto ma niente è falso!