Mario Autore: un’artista poliedrico da “I fratelli De Filippo” di Sergio Rubini a sound designer per “Happening of Human Books” – ideazione Officinae Efesti produzione di Procida Capitale della Cultura 2022
Sergio Rubini Domenico Pinelli Anna Ferraioli Ravel Mario Autore photo by Eduardo Castaldo
Mario Autore nello staff di Happening of Human Books- Procida 2022
Un’intervista al giovane artista:
Cosa è stato per te il progetto “Happening of Human Books?” cosa ti ha lasciato? Cosa facevi nel progetto? O cosa hai voglia di raccontarci?
Ho partecipato a Procida 2022 perché un’amica mi chiese se ero interessato a un progetto in cui serviva un sound designer. Io lavoro solitamente come compositore ma ho esperienza come fonico e il progetto – nella parte sonora – mi sembrava molto interessante e stimolante e ho accettato volentieri di salire a bordo della nave, anche se all’ultimo minuto.
Non mi sbagliavo. Come spesso accade nelle situazioni in cui le forme artistiche incontrano degli attori non professionisti, l’esperienza si è rivelata ricchissima, sul versante artistico ma soprattutto su quello umano.
Ho incontrato un gruppo di persone unite verso un obiettivo che ciascuno a suo modo percepiva come prezioso. La voglia di raccontare e raccontarsi poggiava sulla propria storia personale, su motivazioni difficili da comprendere ma evidenti e potenti. Mi sono immerso per poco più di una settimana in un tipo di comunità, quella di un piccolo paese, in questo caso addirittura di un’isola, che solitamente sfioriamo per brevi e specifici momenti ma con cui difficilmente entriamo in contatto nella sua quotidianità. E anche in questo caso mi è rimasta bene impressa la loro percezione della straordinarietà dell’evento.
Una percezione che spesso chi ha reso il teatro la sua professione ha conosciuto all’inizio e poi dimenticato nella routine. E’ questa percezione che ancora oggi porto con me.
– Cos’è l’immortalità? Cosa possiamo fare per non dimenticare le persone? E tu cosa fai per alimentare la memoria?
Sicuramente persistere nel ricordo di chi ci ha conosciuti è una delle pochissime forme di immortalità a cui noi uomini possiamo aspirare. O che possiamo desiderare per gli altri, i nostri cari prima di tutto. Ma come si conserva o preserva un ricordo? Questa è una domanda veramente complicata. Mi viene in mente che la maggior parte delle volte tendiamo piuttosto a voler dimenticare che a voler ricordare. E tentare di dimenticare sembra quasi sempre il modo migliore per ricordare. E forse lo è. L’elaborazione di un lutto: che si tratti di una persona defunta o di un amore finito è sempre con una fine che abbiamo a che fare. E penso che al di là della fine resta comunque qualcosa. Resta quello che le persone ci hanno insegnato, passato, quella quota di loro stessi che è diventata una parte di noi. Non parlo di ricordo come immagine mentale, ma come abitudini, sguardi singolari, comportamenti che noi abbiamo appreso, associati a quella persona e che però, scomparsa la persona, continuano ad accompagnarci al di là di lei. Io, per non dimenticare, cerco sempre di accorgermi, ogni volta che penso a qualcosa o che faccio qualcosa, da chi ho rubato, chi mi ha lasciato quella cosa. E’ questa la finestra che di solito tengo aperta, per quanto riesco, sul passato.